La Nacchera di mare – il cui nome scientifico è Pinna Nobilis – appartiene alla famiglia dei molluschi bivalvi, detti anche lamellibranchi, ovvero la classe di molluschi più conosciuti. Questi sono composti da due valve impregnate di sali di calcio, unite da una cerniera: se chiuse, le valve conservano l’inteno animale, se parzialmente aperte consentono respirazione, filtraggio, riproduzione e una minima deambulazione.
La Nacchera di mare è il mollusco più grande del Mar Mediterraneo, ad oggi molto difficile da ammirare a causa delle reti da pesca e da operazioni subacquee irresponsabili che ne hanno decretato la quasi scomparsa. Per questo motivo è stata dichiarata specie protetta dall’Unione Europea.
Nacchera di mare: habitat e caratteristiche
La Nacchera di mare la si trova su fondali detritici e fangosi, in mezzo alle praterie di Posidonia oceanica. Si presenta con seghettature e piccole ondulate gibbosità nelle valve. Il colore è bruno con scaglie più chiare, l’interno è scuro e lucente con la parte anteriore in madreperla. Ha una vita piuttosto longeva, infatti, può vivere fino a 20 anni. Lo crescita nei primi anni di vita è piuttosto veloce per poi rallentare una volta raggiunta la maturità sessuale.
La sua dimensione può raggiungere il metro di lunghezza anche se un esemplare adulto in media arriva a misurare 65 centimetri. All’interno ospita spesso granchietti e gamberetti mentre la parte esterna è insediata da alghe, briozoi, ascidie e spugne.
La sua pesca, oltre che vietata, non ne consente il consumo: infatti è estremamente rischioso mangiarla poiché accumula una grande quantità di inquinanti e patogeni. Proprio per questo viene utilizzata come indicatore dell’inquinamento marino e nucleare.
Bisso Marino, la fibra tessile prodotta con i filamenti della Nacchera di mare
Come la maggior parte dei molluschi, la Nacchera di mare produce dei filamenti con i quali si ancora sul fondo del mare. Questi fili costituiscono il materiale con cui si fabbrica il bisso marino, un filamento sottile e robusto utilizzato, specialmente in Sardegna, per fabbricare indumenti preziosi dai colori cangianti. A causa della tutela della specie, la lavorazione di questo filamento è quasi del tutto scomparso.