Le montagne sono libri in cui è la natura stessa a suggerire le sue storie. Le leggende trentine nascono così, nei lunghi inverni passati attorno al fuoco, nelle malghe solitarie, negli antichi masi, nella continua lotta con una natura inospitale. Fuori dal confine della casa, nei boschi, nei sentieri solitari, si aggirano le anime di chi non c’è più, vive la gente selvaggia, infuriano le streghe. Non esiste vallata, non esiste cima, non esiste lago del Trentino la cui origine non scaturisca da una leggenda. Su tutte, la più poetica, la più profondamente intrecciata con il territorio, è anche una dichiarazione d’amore per quelle montagne incantate: la leggenda dei Monti Pallidi.
I Monti Pallidi
Esistono diverse versioni della leggenda dei Monti Pallidi, che ne cambiano leggermente la narrazione, ma non la sostanza. L’incipit è sempre lo stesso: anticamente le Dolomiti erano montagne inquietanti e cupe. Una delle varianti racconta che un re del luogo aveva una figlia bellissima, ma anche molto triste, perché era oppressa dalla visione di quelle montagne oscure. Un giorno il re, mentre passeggiava nei boschi, incontrò un nano che gli propose un patto: avrebbe trovato un antidoto alla malinconia della figlia, ma in cambio chiedeva rifugio per il suo popolo nel territorio del re. Il nano assicurò che la ragazza sarebbe guarita entro il prossimo plenilunio, mentre il popolo dei nani non avrebbe disturbato in alcun modo i sudditi del re, perché si sarebbe insediato nei pascoli alti e nelle foreste. Il re, preoccupato per la figlia, accettò. La notte del primo plenilunio, i nani cominciarono a filare i raggi della luna, per farne poi un tessuto con cui rivestire le montagne. Le Dolomiti divennero così luminose e candide e, nel vedere tale spettacolo, la figlia del re rinacque. Secondo la leggenda, quindi, le Dolomiti sono diventate pallide perché rivestite dai raggi della luna, ed è per questo motivo che, ancora oggi, continuano ad esercitare una fortissima attrazione verso chiunque le guardi. Chi le vede anche solo una volta, sarà sempre spinto a tornare.
Il gigante Sassolungo
Il massiccio del Sassolungo è collocato fra la val Gardena e la val di Fassa. La vetta principale, detta proprio Sassolungo, è situata in Val Gardena e, per spiegare la sua origine, c’è una bella leggenda. In tempi remoti quella zona era abitata da un popolo di giganti generosi e mansueti. Vivevano in armonia con gli uomini della vallata e non facevano male a nessuno. Fra loro, però, c’era il gigante chiamato Sassolungo, che aveva due difetti: gli piaceva rubare e raccontare bugie. Nottetempo saccheggiava campi e pollai, poi faceva ricadere la colpa sui topi, sui falchi o sulle volpi. I compagni, che inizialmente gli credevano, cominciarono ad avere dei sospetti, poi decisero di sorvegliarlo, fino a quando non lo colsero in flagrante. Sassolungo, però, continuava a professarsi innocente e i compagni decisero di dargli un’ultima possibilità. Dopo poco tempo, però, lo scoprirono a rubare nell’orto del vicino. A quel punto tutto il popolo dei giganti si riunì per giudicarlo e il grande saggio lo esortò affinché confessasse le sue colpe. Sassolungo, però, continuò a mentire negando ogni colpa. Il saggio, allora, lo punì, facendolo sprofondare sottoterra. Il gigante scomparve così nel sottosuolo, ma in superficie rimase la sua mano aperta: ancora oggi le dita del gigante si possono vedere sul Sassolungo, che infatti prende anche il nome di Cinquedita.
Le Dolomiti di Re Laurino
Una delle caratteristiche delle Dolomiti è che al tramonto si tingono di rosa per il fenomeno dell’Enrosadira. Le leggende trentine raccontano che sul Catinaccio, fra la Valle di Tires, la val d’Ega e la val di Fassa, esisteva un favoloso Giardino delle Rose, appartenente al re Laurino, che regnava sul popolo dei nani. Le Dolomiti di Re Laurino nascondono leggende affascinanti per spiegare il fenomeno dell’Enrosadira. Re Laurino aveva due magiche armi: una cappa che lo rendeva invisibile e una cintura che gli dava la forza di dodici uomini. Il re si innamorò di Similde, la bellissima figlia del re dell’Adige, indossò la magica cappa che lo rendeva invisibile e la rapì durante il torneo cavalleresco che suo padre aveva indetto per trovargli uno sposo. I cavalieri che partecipavano al torneo si lanciarono subito all’inseguimento di re Laurino e, in breve tempo, circondarono il Giardino delle Rose. Re Laurino indossò la sua cintura, ma si accorse ben presto che, nonostante la forza di dodici uomini, stava per essere sconfitto. Allora indossò la cappa che lo rendeva invisibile e si mise a saltellare nel giardino. Il movimento delle rose provocato dalla sua presenza, però, tradì re Laurino: i cavalieri lo afferrarono e tagliarono la sua cintura. Re Laurino fu fatto prigioniero e lanciò una maledizione sul suo giardino: nessuno avrebbe più potuto vederlo, né di giorno né di notte. Il sovrano dei nani dimenticò però il tramonto: e così, da quel momento, a quell’ora il Catinaccio e le Dolomiti circostanti si accendono al magico riflesso delle rose.
Le streghe dello Sciliar
Il massiccio dello Sciliar, nella provincia autonoma di Bolzano, sembra essere il luogo prediletto dalle streghe. Una leggenda molto nota, infatti, è quella delle streghe dello Sciliar. Secondo la fantasia popolare, guai trovarsi a mezzanotte sul punto più alto dello Sciliar, il Petz: lì, infatti, le streghe si riuniscono e non tollerano che gli esseri umani assistano alle loro feste. Chi osa avvicinarsi, impazzisce dalla paura. Una volta c’era un contadino di nome Hans che viveva in un maso ai piedi dello Sciliar. Una sera d’estate, mentre si preparava un temporale, la moglie di Hans percepì qualcosa nell’aia, poi sollevò gli occhi e, fra le nuvole che si ammassavano nel cielo, vide volteggiare un’ombra. Chiamò allora il marito che subito accorse: insieme guardarono meglio e scorsero la Strega del Tempo che volteggiava con la sua scopa. Hans, allora, imbracciò il suo fucile e le sparò: la strega fu colpita e cadde a terra, ma la sua vista terrorizzò a tal punto Hans che anch’egli stramazzò al suolo. Il contadino si riprese, ma non riuscì mai a dimenticare quella notte. E tutte le volte che si preparava un temporale, si chiudeva ben bene in casa, aspettando che il maltempo passasse. Ancora oggi, sullo Sciliar, ci sono le tracce dei raduni delle streghe: ci sono infatti formazioni rocciose a forma di poltrone, che secondo le leggende trentine sono le panche delle streghe.