Quando si parla di Maxiprocesso di Palermo si fa riferimento al processo penale per crimini di mafia tenutosi nel capoluogo siciliano dal 1986 al 1992. Gli imputati condannati in primo grado, appartenenti all’organizzazione criminale Cosa Nostra, erano 475: il soprannome è dovuto proprio al fatto che si è trattato del processo penale più grande al mondo.
La mafia a Palermo e il pool antimafia
Nei primi anni Ottanta a Palermo era in atto una vera e propria guerra di mafia tra due fazioni che si contendevano il dominio, provocando circa seicento omicidi in soli tre anni. Per poter far fronte a tale situazione, venne istituito un pool antimafia: un team di giudici istruttori che, lavorando in gruppo, si sarebbero occupati solamente di reati mafiosi. All’interno del gruppo, i giudici che avrebbero svolto le indagini su Cosa Nostra erano Falcone, Borsellino, Guarnotta e Di Lello.
Tommaso Buscetta: l’arresto, il pentimento e le rivelazioni
Nel 1983 venne arrestato Tommaso Buscetta, mafioso latitante in Brasile. Estradato in Italia ed interrogato da Falcone, si dichiarò pentito e iniziò a raccontare le proprie conoscenze su Cosa Nostra. Le sue rivelazioni avevano un enorme valore: fino a quel momento nessuno aveva mai svelato i segreti dell’organizzazione.
Il blitz e i mandati di cattura
Una volta raccolte le informazioni ed eseguiti i riscontri necessari, si passò all’azione: nella notte tra il 28 e il 29 settembre 1984 venne messo in atto il cosiddetto “blitz di San Michele”, con l’emissione di oltre 360 ordini di custodia cautelare. Il mese successivo vennero prodotti altri 127 mandati di cattura e vennero eseguiti più di 50 arresti.
Nel novembre 1985 venne emanata la sentenza riguardante il maxiprocesso; nessun’aula di tribunale poteva però accogliere un processo di tali dimensioni: venne pertanto costruita una grande aula di forma ottagonale, dotata di elevati sistemi di protezione e di computerizzazione per l’archiviazione degli atti, chiamata “aula bunker”.
Il processo di primo grado
Il processo, presieduto da Alfonso Giordano, si aprì il 10 febbraio 1986: in aula erano presenti oltre 300 imputati, 200 avvocati difensori e diverse centinaia di giornalisti provenienti da tutto il mondo. Le accuse riguardavano omicidi, traffico di stupefacenti, estorsioni, rapine ed associazione mafiosa. Il processo proseguì fino al novembre 1987 e venne celebrato continuativamente tutti i giorni feriali.
I membri della corte si ritirarono per 35 giorni in camera di consiglio. La sentenza conclusiva del maxiprocesso di primo grado prevedeva 346 condanne, 114 assoluzioni, 19 ergastoli e pene detentive (per un totale di oltre 2600 anni di reclusione).
Processo d’appello e sentenza della Corte
Il processo d’appello, di durata leggermente inferiore al primo grado, si concluse nel novembre 1990. La sentenza, però, fu deludente: gli ergastoli vennero ridotti a 12, le pene detentive scesero a poco più di 1500 anni di reclusione in totale, vennero assolti altri 86 imputati.
L’ultimo passaggio fu quello di vaglio da parte della Corte di Cassazione: la sentenza emessa a gennaio 1992 fu molto severa, con la conferma di tutte le condanne e l’annullamento di tante delle assoluzioni pronunciate in appello.
Conclusosi il maxiprocesso, venne sciolto il pool antimafia. Tra il 1992 e il 1993 vennero compiuti una serie di attentati da parte di Cosa Nostra, come contrattacco alle condanne ricevute: le vittime più note furono i giudici Falcone e Borsellino.
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