Nel panorama culinario italiano, si sa, è difficile trovare alimenti o piatti che non facciano parte dell’immaginario comune del gusto e che non ritrovino la stima di critici gastronimici e di amanti della tavola, ma quello di cui forse in molti non sono a conoscenza è che il nostro territorio propone tutti i giorni sulle tavole delle famiglie e nelle cucine degli chef stellati un alimento che rientra nella strettissima cerchia delle eccellenze bovine italiane: la carne di fassone piemontese.
Cos’è la fassona?
Venuta alla ribalta solo negli ultimi tempi – andando a soppiantare sulla carta dei ristoranti e nella dieta quotidiana di grandi e piccini altri mostri sacri della carne come la chianina umbra e toscana, l’angus scozzese e il manzo di Kobe giapponese – è bene informarsi sulle origni di questo taglio pregiato, ponendosi una domanda tutt’altro che scontata: cos’è la fassona?
Studi recenti e affidabili hanno dimostrato l’esistenza di una stretta connessione tra i bovini di razza piemontese che vengono allevati principalmente nelle province di Asti, Cuneo e Torino e le “vacche sacre” che per tutti gli induisti rappresentano l’apice della sacralità divina, gli Zebù: emigrati in Europa dalle terra del subcontinente indiano circa 30.000 anni fa, questi docili bovini, con una serie pressocché infinita di incroci, avrebbero dato origine alla celebre razza Piemontese che – allevata a partire dalla fine del 1800, si è poi distinta in Piemontese ordinaria collinare (tipica delle Langhe, destinata ad usi lavorativi e per l’allattamento dei vitelli negli allevamenti), Piemontese groppa di cavallo (la cui ipertrofia muscolare viene considerata un fattore genetico indispensabile per il miglioramento genetico della razza) e Piemontese scelta di pianura che, trovatasi a suo agio nelle ampie pianure che costaggiano il fiume Po ad est, ha sviluppato una carne molto saporita e pregiata, quella che chiamiamo proprio Fassona.
Oggi con questo termine – volto per una scelta prettamente commerciale al femminile e che l’etimologia fa risalire al vocabolo dialettale “fassun”, “gobba” – si indicano tutti quei bovini – e non solo quelli appartenenti alla pregiata razza Piemontese – che presentano una massa muscolare ipertrofica (ovvero eccessivamente sviluppata) che riesca a garantire, al momento della macellazione, un ricavo decisamente superiore alla media in termini di percentuale di carne destinata ad uso alimentare e che – come è comune per molte razze animali – sono principalmente maschi e non femmine.
La Fassona – intesa dunque come femmina della razza Piemontese – riesce solo in casi rarissimi a presentare un peso che rispecchi le caratteristiche specifiche del termine (10-15 % degli esemplari totali), a differenza di quanto accade invece che gli esemplari maschi della stessa razza che riescono a raggiungere questi standard di ipertrofia muscolare con una percentuale che si aggira attorno al 90%.
Differenze tra fassona e chianina
Tutto il territorio italiano offre carni pregiate e squisite che – messe al confronto l’una con l’altra – presentano qualità e sapori che farebbero traballare chiunque sulla scelta di quale sia la miglior razza bovina della nostra penisola, tuttavia è interessante andare a scoprire quali sono le principali differenze tra fassona e chianina.
La prima, piemontese DOC, caratterizzata da un manto chiaro, che oscilla tra il grigio chiaro e il bianco, e da una pelle estremamente elestica, è nota – come abbiamo visto – per la sua muscolatura ipersviluppata, mentre la seconda – autoctona dei territori umbri e toscani da cui prende il nome (la Val di Chiana) – è un bovino che ha fatto del suo candore simile alla porcellana un tratto distintivo in tutto il mondo e che presenta dimensioni davvero impressionanti: basti pensare che il peso nei maschi raggiunge con facilità i 1700 kg e l’altezza al garrese è raramente inferiore al metro e novanta.
È d’obbligo, dopo aver tessuto le lodi e sviscerato l’albero genealogico della fassona, riservare un trattamento simile anche alla celebre razza chianina: già utilizzata da Romani ed Etruschi come animale da soma e celebrata da Plinio Il Vecchio, la chianina – che presenta molti tratti in comune con i bovini dell’Anatolia – veniva esibita nei cortei trionfali che si tenevano tra le strade della Città Eterna ed era sacrificata agli dèi in segno di riconoscenza.
Il fattore estetico, dunque, presenta molte caratteristiche comuni a entrambe le razze, e possiamo affermare lo stesso anche quando andiamo ad analizzarne le peculiarità gastronomiche: sia la fassona che la chianina si distinguono per la magrezza e la tenerezza delle carni, fattori – questi – che garantiscono agli allevatori di ottenere tagli di primissima scelta che, proprio in virtù della loro povertà di grassi, vengono comunemente inseriti nelle diete di molte persone.
Carne fassone piemontese
Abbiamo già visto come la carne di fassone piemontese sia estremamente povera di grassi, presentando una percentuale di colesterolo davvero minima, e come queste particolarità la rendano estremamente pregiata, a tal punto da portarla ad essere definita l’Oro Rosso piemontose.
Gli esemplari di fassona vengono macellati non prima di aver raggiunto i 36 mesi di età in modo tale da favorire una maggiore compattezza della carne e un perfetto equilibrio tra parte magra e grassa. Il risultato? La carne di fassone piemontese è talmente tenera che diventa addirittura complicato scegliere modi e tempi di preparazione anche se, quel che è certo, è che è impossibile preparare una ricetta che non riesca ad esaltarne il gusto.
La tradizione culinaria piemontese la pone sempre al centro dei suoi menù: dalla carne all’Albese al vitello tonnato, passando per carpacci e tartare, fino ad arrivare al Gran Bollito e al brasato al Barolo, la protagonista è sempre lei – la fassona.
Bovino piemontese prezzi
Se voleste decidere di dedicarvi all’allevamento di questo fantastico animale o se siete semplicemente tentati dall’idea di aprire uno splendido agriturismo immerso nel verde in cui possano pascolare liberi centinaia di capi di bestiame, è bene che sappiate quali siano i prezzi del bovino piemontese autoctono: sul mercato il costo medio di un vitellino maschio di quaranta giorni si aggira intorno ai 460,00 €, mentre una femmina di uguale età e peso viene venduta per 400,00 €. Se invece volete portare nelle vostre campagne un vitellone di almeno 16 mesi con un peso di 650 kg, vi toccherà sborsare all’incirca 2400,00 € (iva inclussa!).