Cosa accomuna una trasmissione radiofonica, una gelateria, la battuta di un film e il tweet di un politico? Un termine “giovane” nato quasi per scherzo qualche anno fa e diventato in poco tempo un tormentone, al punto di essere inserito nei dizionari italiani tra i neologismi.
Si tratta dell’espressione “ciaone”, significato che rimanda a un accrescitivo di “ciao”, con una connotazione derisoria o comunque scherzosa. Se t’interessa qui puoi scoprire di più su altre nuove espressioni.
- Ciaone nel cinema e alla radio
- Ciaone nella comunicazione
- Ciaone: un neologismo tra i tanti
- Ciaone nella politica: il “ciaone Renzi”
Ciaone nel cinema e alla radio
Fin da subito associato a un hashtag, il termine ciaone nasce nel mondo della comunicazione e dello spettacolo. Il neologismo deve la sua paternità alla trasmissione radiofonica di Radio Due, nella quale lo speaker Ignazio Failla lo utilizzava già da due anni, con tanto di hashtag. È stato poi reso famoso dalla battuta di Caterina Guzzanti e Claudio Bisio nel film Confusi e felici di Massimiliano Bruno, nelle sale cinematografiche italiane dal 2014.
Inoltre, come non citare la “Gelateria Retrò” in via Baldo degli Ubaldi a Roma che a ciaone e al suo ironico significato ha dedicato un gusto di gelato? O il ciaone di Emma, la cantante salentina che lo ne ha “abusato” più volte durante la trasmissione “Amici”?
Ciaone nella comunicazione
Ciaone e il suo significato scherzoso si sono diffusi rapidamente nel linguaggio quotidiano di tutti noi, trasformando il termine in una parola di uso comune in ambito social, politico, musicale, cinematografico. Insomma, non parliamo più di una parola di cui si fa un uso prettamente giovanilistico.
Nel settembre del 2017, “ciaone” entra nel novero dei lemmi riconosciuti dalla lingua italiana a tutti gli effetti; è presente nel Devoto-Oli, nuovo dizionario Le Monnier che comprende 70.000 voci e 250.000 definizioni.
Anche l’Accademia della Crusca si è pronunciata su “ciaone”. Marazzini, suo illustre presidente, ha rassicurato grammar-nazi e sedicenti paladini della lingua italiana, sostenendo che il termine va bene. Certo, non si possono fare dei pronostici circa la sua “permanenza” o “sedimentazione” nel linguaggio comune, ma d’altro canto questo potrà svelarlo solo il tempo. Bisogna considerare, infatti, che nessuno può ergersi a giudice, decretando quale parola vada bene e quale no. L’italiano non è frutto di guerre o dittature. Per citare Marazzini “è una lingua senza impero”. Solo le persone comuni hanno il potere di “ufficializzare” una nuova parola. Come? Semplicemente utilizzandola.
Ciaone: un neologismo tra i tanti
Si tratta di un epiteto pronunciato dall’economista e politico italiano Tommaso Padoa Schioppa, utilizzato in senso dispregiativo nei confronti dei giovani italiani che hanno concluso con ritardo il loro percorso scolastico e si fanno mantenere dai genitori ben oltre la maggiore età perché non sono ancora autonomi: “bamboccioni”.
Ciaone è un neologismo tra tanti, però. Un altro è “blastare”, significato mutuato dalla lingua inglese. Non a caso “to blast” significa “demolire, distruggere”. Il termine è associato alla figura di Enrico Mentana, il quale è solito contraddire i suoi detrattori, in maniera sarcastica, sui social. A riprova di ciò è stata creata anche la pagina Facebook di grande successo “Enrico Mentana blasta la gente”.
Ciaone nella politica: il “ciaone Renzi”
Ad ogni modo, per arrivare a una vera e propria legittimazione del termine e a un suo utilizzo diffuso fuori dal mondo dello spettacolo, dobbiamo aspettare il 2016, quando, dopo il fallimento del quorum nel referendum abrogativo sulle trivelle, il deputato del Partito Democratico Ernesto Carbone ha rivolto ai promotori del referendum il celebre tweet: «Prima dicevano quorum. Poi il 40. Poi il 35. Adesso, per loro, l’importante è partecipare #ciaone». Ovviamente queste parole sono state seguite su Twitter da dure repliche conclusesi con il famigerato hashtag “ciaone”. “Ho votato PD. Alle prossime elezioni il #ciaone lo dico io a voi. E spero anche i tanti di italiani che erano alle urne oggi”; “Da non votante non ho sopportato gli insulti dei votanti, non sopporto il #ciaone di Ernesto Carbone che di fatto legittima quegli insulti”; “Però Carbone si è sicuramente giocato la carriera politica #ciaone”. Si è abusato dell’hashtag soprattutto dopo la sconfitta del PD – quasi un desiderio di rivalsa sulle parole pronunciate dal renziano Carbone –: “Strano, quelli del ciaone non twittano più…”; “È il segnale.#ciaone”; “Cominciano a ballare le seggiole.#ciaone”; “Sono le 10.27 e del manganellatore social @fnicodemo, attivissimo dopo Europee e referendum no triv, nessuna notizia. #ballottaggio #ciaone”. Dopo la sconfitta, in concomitanza con l’annuncio delle dimissioni di Renzi, Matteo Salvini posta un video, in cui allargando ironicamente le braccia, esclama: “Ciaone Renzi!”.
E tu utilizzi il termine “ciaone” con disinvoltura o ti fa venire l’orticaria?