Dopo il cielo azzurro e cristallino estivo, la gioia delle vacanze e i pomeriggi passati mangiando gelato è arrivato finalmente il fresco autunno, con i suoi colori caldi e romantici e la voglia di passeggiate per il centro degustando caldarroste. Ma dove raccogliere le castagne in questo periodo così particolare?
L’italia è piena di zone adatte a quest’attività prettamente autunnale ma da qualche anno raccogliere le tanto acclamate castagne italiane è diventata un’impresa: purtroppo nel 2002 i castagni nostrani hanno cominciato ad ammalarsi e la causa fu un’insetto arrivato dal Sol levante, il Cinipide.
Un insetto per sconfiggere il cancro corticale
Il Cinipide fa parte degli insetti galligeni che sfruttano il meccanismo di reazione alla loro puntura degli alberi per riprodursi. In estate quest’insetto punge le gemme appena formate del castagno per inoculare le sue uova che rimangono in quiescenza per circa 40 giorni.
Quando la larva si schiude rimane in letargo per tutto l’inverno; a quel punto il castagno che ospita l’insetto cerca di espellerlo formando un escrescenza che lo racchiude. Dopo 40 giorni la larva si ciba di questo “tumore” per liberarsi e far ripartire il ciclo riproduttivo.
Fin qua sembrerebbe un normale rapporto fra pianta e insetto se non fosse che il Cinipide indobolisce il processo clorofillico indeoblendo la pianta fino a farla seccare. Un’altra cosa di cui tener conto è che l’insetto sia stato importato nel Giappone dalla Cina e poi in Italia tramite gli innesti per poter sconfiggere un’altra malattia: il cancro corticale.
Purtroppo, nel nostro Paese non esistono predatori naturali del cinipide in questione e quindi si é riprodotto in maniera smodata durante tutti gli anni 2000, portando una vera devastazione fra i castagni.
Le castagne italiane
Tuttavia, nel 2006 dal Piemonte è arrivata la soluzione per le castagne italiane: in un laboratorio a Grugliasco si sta riproducendo una vespa che attacca le larve del cinipe. Questa vespa, coetaneo del Cinipide, inserisce le sue uova direttamente nella galla o nel corpo del bruco affinchè i suoi piccoli, una volta venuti al mondo, possano cibarsi dell’insetto stesso.
Il processo ebbe inizio quando ci fu la certezza che la vespa in questione non attaccasse anche altri insetti, e le zone dove è iniziata (colli cuneesi e Val di Susa) si riconosce a vista poiché i castagneti appaiono in forte ripresa e le fronde secche scarseggiano. L’agenzia che si occupa della questione prende il nome di Pegaso, uno studio di Servizi Agroambientali, uno dei pochi soggetti in Italia che sta portando avanti questa attività.
La castagna: un frutto prezioso
Bisogna sapere che il castagno viene definito anche l’albero del pane, poiché in periodi di carestie e difficoltà veniva usato come grande fonte alimentare. Il suo frutto infatti è ricco di sostanze nutritive, in particolare di carboidrati complessi il che la rende simile ai cerelai diventando anche una valida alternativa qual’ora si avessero allergie.
In passato le venivano affidati effetti terapeutici molto diversi: lessate, pestate e unite al miele venivano usate per aiutare il fegato; cotte con le prugne venivano usate contro la peste e ancora la sua buccia lessata assieme alle foglie di castagmno veniva usata contro la gotta e l’emicrania.
Oltre le zone più conosciute nell’alta Italia per la raccolta di questo frutto, possiamo consigliare anche la zona del Vulture, il Pollino e il Parco Nazionale dell’Appenino Lucano: queste sono zone dove si possono raccogliere castagne in Basilicata poco rinomate ma comunque ottimali, come del resto i già citati colli cuneesi e in generale Prealpi o sull’Appennino.
Un frutto senza tempo, tipico del territorio italiano quanto della sua cultura.