Quando possiamo definire rara di una malattia? Nell’Unione Europea si considerano rare le patologie che presentano un’incidenza entro lo 0,05% della popolazione, che quindi colpiscono 5 casi su 10.000 individui.
Esistono quasi 8000 malattie rare diagnosticate e solo nel nostro Paese sono affette da patologie rare circa 2 milioni di persone, di cui il 70% è rappresentato da bambini sotto i 14 anni.
Le malattie rare sono causate da fattori prettamente genetici oppure da una combinazione di fattori genetici e ambientali, dalla malattia di Gaucher, all’emofilia, dalle diverse forme di distrofia muscolare alla sclerosi multipla, dall’immunodeficienza primitiva alle malattie autoimmuni del fegato, solo per citarne alcune. Per la maggior parte di queste patologie le cure esistenti sono insufficienti, in certi casi la qualità di vita del paziente è fortemente compromessa e la sua aspettativa di vita è gravemente ridotta.
Proviamo a vedere più da vicino le caratteristiche di due malattie genetiche rare e molto invalidanti per chi ne soffre:
Emofilia
L’emofilia è tra le malattie genetiche rare che colpiscono il sangue e, in questo caso, la sua coagulazione: chi ne soffre presenta una grave carenza di attività del fattore coagulante, ovvero del “fattore otto”, in caso di emofilia di tipo A, la più diffusa, o del “fattore nove”, in caso di emofilia di tipo B. La gravità della patologia è determinata dalla maggiore o minore attività dei fattori otto o nove: si definisce emofilia grave quella che presenta un fattore coagulante minore dell’1%, emofilia moderata quella con un’attività tra l’1 e il 5%, lieve quella tra il 5 e il 40%.
La malattia, riscontrabile anche con diagnosi prenatali sempre più sofisticate e precise, viene diagnosticata con il dosaggio dei fattori coagulanti e attraverso la ricerca della mutazione genica che è alla base della patologia. Le donne ne sono solitamente portatrici sane.
A causa della bassa attività del fattore coagulante, chi soffre di emofilia presenta una forte fragilità in caso di traumi, che comportano emorragie di vario tipo. Tra le più frequenti complicanze dell’emofilia vanno citati gli emartri, cioè i sanguinamenti che si verificano dentro le articolazioni di gomito, polso, caviglia e ginocchio. Sono fenomeni piuttosto pericolosi e necessitano di cure tempestive in quanto, se trascurate, possono causare artropatie croniche e addirittura disabilità.
Le più comuni sono le emorragie muscolari che possono ostacolare in maniera importante il movimento, le emorragie gastrointestinali, quelle che colpiscono le cavità, come emotorace, emoperitoneo ed emopericardio, quelle oculari e gli ematomi spinali. I soggetti colpiti da questa malattia possono arrivare addirittura alla emorragia cerebrale, meno diffusa delle altre ma comunque possibile.
Ai soggetti affetti da emofilia vengono somministrati farmaci che contengono il fattore coagulativo carente. Sono solitamente sottoposti a terapie mirate all’occorrenza, prescritte quindi in caso di sanguinamento e cure periodiche, con la costante assunzione, tre volte a settimana, del fattore carente per prevenire le emorragie più gravi.
Distrofia muscolare di Duchenne e Becker
La distrofia muscolare di Duchenne e Becker (DMD e BMD) è una delle forme più gravi di distrofia. Colpisce solo la popolazione maschile con un’incidenza di un caso su 5000. Chi ne soffre arriva col tempo alla completa immobilità e ha un’aspettativa di vita di 25-30 anni.
La patologia attacca in modo irreversibile il tessuto muscolare scheletrico, che viene progressivamente distrutto e sostituito da tessuto fibroso e adiposo. Sono interessati tutti i muscoli del soggetto, compresi quello cardiaco e quelli respiratori, che subiscono un forte e progressivo indebolimento che ne compromette nel tempo le capacità, fino a rendere indispensabile l’ausilio di macchinari per la ventilazione assistita.
Poiché la malattia interessa inizialmente gli arti inferiori, i primi sintomi di DMD e BMD sono riscontrabili già dai tre anni di vita, in particolare in una evidente difficoltà del bambino nella deambulazione, soprattutto nella corsa, nel salto e nell’affrontare gradini, sia in salita che in discesa. Altro tipico sintomo in età infantile è definito in gergo “segno di Gowers”: per rialzarsi da terra o dalla posizione seduta, il bambino affetto da DMD e BMD tiene solitamente il tronco piegato in avanti e appoggia le braccia o le mani sulle ginocchia, per aiutarsi in un movimento che gli arti inferiori, già indeboliti dalla malattia, non riescono a sostenere da soli.
Le difficoltà motorie aumentano in maniera veloce e progressiva, portando il bambino a frequenti cadute e a una deambulazione sempre più incerta e che frequentemente procede sulle punte dei piedi.
Intorno ai 9-12 anni il paziente sarà costretto a utilizzare la sedia a rotelle per muoversi e inizierà a subire una forte degenerazione dei muscoli degli arti superiori, in genere compromessi definitivamente intorno ai 20 anni.
I farmaci più in uso, consigliati a partire dai 4 anni di vita, sono i corticosteroidi (cortisone), impiegati per intervenire sui processi antiinfiammatori e ridurre il più possibile le reazioni immunitarie che accompagnano la progressione della patologia. Nonostante sia pressoché indispensabile per la qualità di vita del paziente, il cortisone non è un farmaco risolutivo, ma il suo effetto rallenta la degenerazione dei muscoli. Anche se le condizioni di vita di chi ne è affetto stanno parzialmente migliorando grazie alla combinazione di trattamenti fisioterapici, chirurgici e cardiologici, non esistono ancora cure contro questa terribile malattia.
E che dire della sua ereditarietà? Poiché si tratta di una malattia genetica, chi soffre di questo tipo di distrofia può essere supportato da una buona consulenza genetica specializzata, per prevedere con precisione il rischio di trasmetterla ai propri figli. Ciò che è certo è che se il padre è sano e la madre è portatrice, la probabilità di trasmetterla al figlio è del 25%. Bisogna precisare però che esiste anche un altro fattore che determina la malattia in figli di soggetti sani: una nuova mutazione del gene per la distrofina, in tutto e per tutto considerabile un errore accidentale e non trasmesso dalla madre o dal padre. Per tale ragione, un terzo dei pazienti affetti da distrofia muscolare di Duchenne e Becker nasce da madri sane.
Chiaramente, se invece la DMD o la BMD è presente in famiglia si consigliano una consulenza genetica e una diagnosi prenatale tramite villocentesi o amniocentesi.