Il Teatro dell’assurdo mette in scena nel secondo dopoguerra – anni ’40-’60 – la condizione di alienazione che caratterizza l’esistenza dell’uomo contemporaneo, la crisi, l’angoscia, la solitudine e l’impossibilità di ogni comunicazione attraverso rappresentazioni teatrali che mettono in scena situazioni e dialoghi surreali, partendo da squarci di quotidianità, con un effetto comico e tragico al tempo stesso. L’azione e il dialogo sono ripetitivi e ridotti al minimo, le vicende sono apparentemente prive di ogni logica e razionalità. Le rappresentazioni del Teatro dell’assurdo scardinano ogni convenzione e regola del teatro tradizionale, stravolgendo il concetto di realtà.
Il lavoro degli autori del Teatro dell’assurdo consiste in una articolazione artistica del nuovo concetto filosofico di assurdità dell’esistenza, elaborato dagli autori dell’esistenzialismo, principalmente i francesi Jean-Paul Sartre e Albert Camus.
Saranno proprio le idee di questi due autori a stimolare la nascita di questo nuovo movimento teatrale e il concetto di assurdità dell’esistenza, passerà così dai trattati filosofici al palcoscenico, destando stupore e persino disprezzo tra il pubblico.
Teatro dell’assurdo opere
Il termine “Teatro dell’assurdo” è stato coniato dal critico Martin Esslin, che ne ha fatto il titolo di una sua pubblicazione del 1961: “The Theatre of the Absurd”. Per Esslin il movimento del Teatro dell’assurdo accomuna autori che, pur svolgendo autonomamente la propria ricerca, hanno dato vita inconsapevolmente a opere omogenee per stile e contenuti trattati, partendo dal nuovo concetto filosofico di assurdità dell’esistenza.
I maggiori esponenti del Teatro dell’assurdo sono:
- Samuel Beckett, autore di Aspettando Godot, 1952; Finale di partita, 1957; Giorni felici, 1961;
- Eugène Ionesco, autore di La cantatrice calva, 1950; Il rinoceronte, 1959.
Waiting for Godot
Aspettando Godot – “Waiting for Godot” – è l’opera a cui si è soliti associare il Teatro dell’assurdo ed è considerato un capolavoro del drammaturgo irlandese Samuel Beckett. L’opera è completamente incentrata sulla stasi, resa assurda dai dialoghi che esprimono un movimento destinato a non verificarsi mai.
La trama è molto semplice: due uomini, Vladimir e Estragon, aspettano l’arrivo di un terzo, di nome Godot, che però non arriverà mai. Non sappiamo chi siano questi due uomini, dove si trovino, chi sia questo Godot e perché lo stiano aspettando.
Tutta l’opera gira attorno alla mancanza di azione, all’incomunicabilità e alla paradossalità dei dialoghi che rappresentano l’essenza del Teatro dell’assurdo di cui Beckett è un importante esponente.
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